FILIPPO PALIZZI
Filippo Palizzi è nato a Vasto, in Abruzzo, il 16 giugno 1818. La famiglia, di estrazione borghese, era formata dal padre Antonio, “prima avvocato e poi incaricato di uffici pubblici e professore di letteratura e filosofia fine” Palizzi, Filippo.
Trasferendosi a Napoli nel 1837, entrò in contatto con la scuola di Posillipo, che lo aiutò ad abbandonare la pittura accademica. Partendo dall’esempio di Gabriele Smargiassi, si dedicò a una pittura interamente mirata allo studio della verità…
Filippo Palizzi era essenzialmente un pittore naturalista, con un istintivo affetto per la vita animale e una visione eccezionale e unica di completezza.
La meravigliosa visione della pittura “L’arca di Noè, dopo il diluvio” (Palazzo di Capodimonte) sarebbe sufficiente, in cui si scopre l’intuizione spontanea dell’artista ambientata in uno sfondo prospettico popolato da animali, in un intero decorativo. Filippo Palizzi sapeva come esprimere l’intera pittura interpretandola dalla vita. Annotazione paziente della realtà, soprattutto della bellezza dell’ambiente, della figurazione.
E alla base della concezione di Palizzi è l’uomo che riassume tutte le attività della vita di relazione, con un’estrema tendenza alla perfezione formale, sempre presente.
“Vorrei essere rinato per ricominciare”.
Nelle pitture ambientali è facile scoprire questa inclinazione a vedere l’intero con un’attenzione meticolosa ai dettagli.
È un aspetto personale di Filippo Palizzi, che riflette il suo pensiero e il sentimento dell’uomo che ama la natura.
Filippo sapeva leggere il libro della natura e sentiva i suoi arcani nascosti, afferrando la sua ispirazione, proprio come le sue pitture erano in grado di esprimere con una bucolica poetica.
Non solo nella pittura. Anche nei suoi scritti il pittore era un lirico nella descrizione del dettaglio. Era un annotatore straordinario dell’intero e un astuto osservatore meticoloso della scena.
La natura offerta al suo sguardo e che l’artista è stato in grado di disegnare nel taccuino della sua memoria.
“Viaggiavo in treno verso la mia città natale con un grande dolore a causa di una recente sfortuna. Ero sveglio, con il viso rivolto verso la porta del vagone; gli alberi, le case, le colline, fuggivano come ombre davanti ai miei occhi e si perdevano uno dopo l’altro. La luna sola mi apparve immobile, là tra le stelle, che brillava con la sua luce più pura su un cielo profondo e limpido. Era al suo quarto calante, tuttavia la purezza dell’atmosfera mi dava un’anteprima della sua intera forma, e la guardai mentre la mia mente si perdeva in un mondo di pensieri indefinibili. Non potevo dire ciò che provavo nella mia contemplazione, se felicità, calma o malinconia, non lo so, desideravo che il treno non si fermasse mai e che il sole non interrompesse il suo cammino prima di sorgere all’orizzonte in modo che i miei pensieri potessero continuare a perdersi in quello spettacolo sublima del firmamento.”
RISORSE
1.BIOGRAPHICAL DICTIONARY OF ITALIANS – VOLUME 80 (2014)
2. VASTO, BIBLIOTECA GABRIELE ROSSETTI, CARTEGGIO PALIZZIANO, AUTOBIOGRAPHY, BUNDLE 6.4.9.
3. SIGNED BY GIUSEPPE CATANIA, APPEARED ON “WWW.NOIVASTESI. 7 BLOGSPOT.COM” – 24 OCTOBER 2015