Mi sono innamorata del telaio. Ci sono alcune cose su di me che voglio condividere. Non sono a Milano, Parigi o Tokyo, sono nella campagna abruzzese, dove la vita è diversa. Soprattutto post covid dove c’è un senso di diversità e inclusione La mia visione dell’ambiente rurale risiede dove termini come prezioso e lusso coincidono con comfort, facilità e onestà.
Sto imparando l’uso responsabile delle risorse territoriali. Il mio punto di partenza sono stati i tessuti antichi del 19° e 20° secolo, passo il tempo a capire come affrontarli con le risorse locali disponibili. Tessuti rigeneranti, come le coperte di lana colorata abruzzese “dritto” o “rovescio”, sfrangiate e decorate con motivi floreali o geometrici, è un nutrimento per la mente dal punto di vista strutturale, ma soprattutto dal punto di vista estetico. Trovare un linguaggio, uno stile che possa essere accettato come “sostenibile” è una sfida. Progettare entro dei limiti.
Sono partita da qui, dalla strana ansia di voler raccogliere queste antiche coperte e pezzi di stoffa per studiarne e sfidarne l’essenza. A questo si è aggiunta la voglia di ricercare tessuti speciali, in fibre naturali. Risultati?
Alcuni tessuti sono semplicemente trattati con lavaggi e tinture, in parte industriali o artigianali, altri sono disegnati ad hoc per la collezione, e la maggior parte sono realizzati con filati stock. Si tratta di un ottimo recupero di materiale avanzato da altre produzioni. Il pensiero alla base di questa collezione è di riprogettare il modo di produrre, dando spazio alle persone più che alle macchine, alla materia naturale, che invecchia e si trasforma, ai processi che possiamo affrontare, e trasformare gli scarti in risorse.